10 suggerimenti per uno stile di vita low waste

No, non sto parlando di low waist, cioè vita bassa, bensì di low waste, cioè pochi sprechi, cioè adottare uno stile di vita che provi ad avvicinarsi alla filosofia zero waste, per ridurre il proprio impatto ambientale.

Ciao a tutti! Fate attenzione a questo discorso.

Fin da bambina sono sempre stata abbastanza sensibile alle tematiche ambientali: mi ha sempre affascinato la possibilità della raccolta differenziata quando ancora non esisteva la porta a porta, mi sono sempre impegnata a chiudere l’acqua quando mi insaponavo in doccia o mentre mi spazzolavo i denti col dentifricio… Sgridavo chi buttava le cartacce a terra e guardavo con diffidenza chi fumava sigarette o lasciava la macchina accesa durante le lunghe soste.

Dopo il liceo, una serie di circostanze mi hanno portata ad appassionarmi alla cosmetica, quindi ho iniziato a ricercare i metodi naturali nella cura del corpo e gli ingredienti naturali nei prodotti che acquistavo. Ho iniziato quindi a provare a indottrinare anche chi avevo attorno e ho riportato in auge la mia passione per i blog nata ai tempi di MSN creando uno spazio online in cui potevo riversare tutto quello che imparavo.

 

Questo stile di vita aveva delle pecche, un po’ perché mi sentivo in dovere di confrontarmi con i coetanei (e colleghi blogger) che andavano a fare shopping di continuo, un po’ perché andava di moda avere un sacco di cose… quindi mi sentivo in soggezione a indossare per anni gli stessi vestiti magari dismessi dalle zie, oppure le scarpe da tennis unisex del mercato fino a che non si scollava la suola. Oppure a parlare in ogni articolo sempre degli stessi prodotti. Diciamo che da adolescente ho provato a ribellarmi un sacco di volte a casa, perché avevo necessità di emancipazione, volevo sfoggiare anch’io magliette carine nuove ogni stagione, o scegliere che paio di scarpe firmate infilare ai piedi ogni mattina prima di andare a scuola. Stessa cosa per quanto riguarda il mettere in mostra online i miei scaffali pieni zeppi di flaconi di grandi marchi ecobio per poterne parlare e mantenere lo status di appartenenza alla cerchia dei bio guru.

Ecco, mi sono allontanata dal fastidio di sentirmi trascurata con le cose vecchie comprando cose nuove, ho avuto un periodo in cui a ogni inizio saldi uscivamo a riempire le shopper di roba che poi non entrava negli armadi a casa, o perché non c’era abbastanza spazio o perché non avevo abbastanza grucce, e alla fine sono tornata al punto di partenza.

Facendo però un compromesso.

 

 

Uno dei primi articoli sul blog trattava proprio questa tematica: il compromesso.

Ammetto che andando oggi a rileggere quell’articolo, mi sento un po’ scema. Si tratta di una cosa che ho scritto un sacco di anni fa, ma penso che, coi ricordi di Facebook che ci fanno ricordare cosa scrivevamo mille anni fa, il fatto di sentirsi scemi riguardando al passato sia ormai un sentimento comune e assodato. Quindi siate solidali con me e cercate di seguirmi.

Nonostante il modo infantile, il discorso che facevo, secondo la me di oggi, rimane valido: le critiche che si rifanno al principio di incoerenza riversate nei confronti di chi mangia carne e possiede un cagnolino, o di chi usa il bio e poi fa tinte chimiche… continuano ad avere origini ignote nella mia testa. Vi posto un estratto di quel vecchio post.

“Sento sempre più spesso critiche da parte di diversi tipi di persona […] nei confronti di tutto ciò che risulta un minimo diverso dal proprio mondo abitudinario. “Ho abbandonato l’ecobio perché mi sento incoerente, siccome uso tinte chimiche”. […] Dove rientra la questione del compromesso? Proprio qui. Perché mai ti senti incoerente se usi prodotti accettabili ma ogni tanto, per necessità, per sfizio o per provare fai una tinta chimica? […] A maggior ragione, se io sono costretta a fare la tinta perché sono allergica all’henné, ho i capelli bianchi e voglio essere del mio colore naturale, inarrivabile con le tinte naturali, poi devo continuare a curare i miei capelli. Dovrei curarli di più, no? Se mi decoloro i capelli con prodotti che inevitabilmente non rispettano la regola dell’ecobio, dopo devo quasi per forza curarli.”

 

Insomma, qui si scontrano due mondi. Quello dell’ordinario cui siamo abituati, fatto di consumismo, superficialità e gente che lava i capelli con lo Svelto… e quello di chi studia, rimugina, cerca opinioni online su mille blog di chi “dice la verità” per provare a fare la cosa giusta, ma poi casca davanti alla bufala dell’acqua e limone che curano i tumori.

Nella vita io ho fatto parte di entrambi.

 

Sarà che (ho scoperto da poco di avere l’ascendente Bilancia) nella vita mi sono sempre ritrovata a ricercare la via dell’equilibrio e involontariamente mi sono sempre ritrovata ad essere “la via di mezzo” in tutto… Fatto sta che (visto che ho fatto il classico e ogni tanto noi classicisti lo dobbiamo far sapere al mondo) in medio stat virtus.

La verità, il giusto sta nel mezzo. Ma non per caso, cioè non è che la verità deve stare nel mezzo per forza senza un motivo valido. Bensì perché spesso si vengono a creare due correnti di pensiero che PENSANO di essere contrapposte, PENSANO di essere tutto bianco o tutto nero, ma in realtà un pochino di ragione ce l’hanno entrambe. Non possiamo pretendere che i bianchi siano per forza tutti scemi e i neri tutti intelligenti o viceversa. Ci hanno appena svelato che persino Crudelia Demon aveva un cuore! Quindi chi siamo noi per pensare di avere fatto sempre tutto bene nella vita e che esistono persone che invece hanno fatto sempre tutto male?

 

La verità sta nel mezzo; attingendo sempre all’esempio, “se sei bravo usi prodotti naturali, se sei cattivo fai le tinte chimiche e buuuu!”… Se invece sei un poraccio che per qualche stranissimo motivo non può o non vuole tingersi con le erbe, innanzitutto non devi dare giustificazioni a nessuno. In secondo luogo, puoi lavarti pure con la lava: se ti senti a posto così quando, per sopperire, ti lavi i capelli con lo shampoo fatto con le foglioline mucillaginose di quel germoglio che cresce nei sottoboschi delle lande dopo che i cerbiatti sono partiti in nomadismo all’alba delle nottate con la luna in sizigia con GRB 090423 (non so cos’ho scritto)… non sono certo affari miei!

Se quando sei vegano e ti ritrovi ad andare a 10 all’ora con la macchina sennò i moscerini vengono a schiantartisi sul muso, o se hai l’armadio pieno di vestiti e non vuoi venderli su Vinted perché rischi di ricevere le critiche da parte dei tuttologi che ti additano come incoerente (perché se corri con la macchina e investi i moscerini, o se vuoi essere ecologico cedendo i tuoi abiti di seconda mano desiderando di far entrare qualcosa nel portafogli sei una persona cattiva)…

… Innanzitutto: devi mandare a quel paese il criticone. Secondo: per fare ciò, tu avrai già fatto la tua lista di elementi positivi e negativi di tutte le opzioni possibili e immaginabili degli accorgimenti da tenere per cercare ogni giorno di essere la versione migliore di te stesso. Se hai scelto di fare una cosa piuttosto che l’altra, hai tutte le tue buone ragioni e io DEVO rispettarle.

 

Tu hai fatto un compromesso. Prendi la macchina, vendi sulle app mercatino e tingiti i capelli, FAI QUELLO CHE VUOI se i lati positivi superano quelli negativi. E sarai la versione migliore di te stesso.

Quando arriva il criticone di turno, chiedigli se lui si sente la versione migliore di se stesso. E no, non aspettare il confronto, tanto non serve a nulla. Tornato a casa, il criticone ci rifletterà e se è abbastanza intelligente tornerà a chiederti consigli per migliorarsi. Se è stupido, morirà colpendosi da solo la coda come in Snake ’97, e comunque non sono affari tuoi.

 

Con questo lungo preambolo, oggi vorrei suggerirti dieci modi per fare un compromesso (cioè mettere in atto accorgimenti che presentano più elementi positivi che negativi secondo qualcuno) e provare a iniziare a vivere una vita low waste, cioè cercando di ridurre il proprio impatto ambientale. Anche se questo potrebbe significare triggerare i criticoni, andando contro le routine, le convenzioni e buona parte di ciò cui siamo stati abituati finora.

 

Sicuramente avrai sentito parlare (o forse no, bo!) della filosofia di vita zero waste, che fondamentalmente vuol dire vivere producendo zero rifiuti. Tu ci riusciresti? Anche a impedire al cibo nel tuo intestino di fermentare? Vivere zero waste vuol dire riciclare una grandissima percentuale di quello che dovresti buttare: portare a casa verdure in sacchetti riutilizzabili per ridurre le vaschette, fare il concime con la buccia della frutta, utilizzare detergenti alla spina e sfruttare sempre gli stessi contenitori. Cose così. Quando vivi in una società, vivere producendo zero rifiuti è impensabile, ma nel nostro piccolo possiamo fare molto. Pensa cosa potrebbe succedere se imparassimo tutti.

 

Ti dico la verità, io ho messo per iscritto un elenco di dieci punti, ma non sono in grado di rispettarli tutti. Inoltre, si tratta di dieci punti che mi sono venuti in mente, quindi magari ne metto in atto altri, oppure altri esistono e non mi sono venuti in mente. Magari provvederò a stilare altre liste.

 

Un’altra premessa che sento doverosa è che qualche volta un compromesso a favore dell’ambiente si sbilancia rispetto a quello che per qualcun’altro risulta essere a favore della cura della persona. Mi spiego meglio. Mentre prima mi concentravo di più sulla cura della persona, oggi mi affascina di più il discorso per la conservazione dell’ambiente: vado a periodi. Sembrano due cose molto vicine e non opposte fra loro, vero? Invece sai che anche se ecobio i cosmetici possono essere inquinanti? Pensi che la schiuma, le argille, le erbette polverizzate facciano bene ai pesci? Anche se sul corpo ti spalmi una crema realizzata con ingredienti coltivati senza pesticidi o sostanze chimiche, quando ti lavi, potrebbe finire nelle acque qualcosa di velenoso per altri esseri viventi.

Vedi cosa vuol dire fare un compromesso? Vuol dire scegliere quello che, nel momento in cui rifletti, presenta meno lati negativi.

 

Ecco la lista dei dieci suggerimenti per provare ad approcciare una filosofia di vita low waste.

  1. Usare lo shampoo solido. Hai usato per tutta la vita lo shampoo nei flaconi. Quelli che si girano sottosopra per versare in stato liquido o pseudo liquido il prodotto direttamente sui capelli (o nella boccetta della diluizione, per chi è abituato a diluire). Questi prodotti (shampoo, bagnoschiuma, ma anche burri corpo, detergenti viso, e così via) vengono letteralmente imbottigliati in un sacco di contenitori di plastica, a volte anche vetro. A volte vetro e plastica che nemmeno si possono separare e quindi sei costretto a buttarli nell’indifferenziato (bestie di satana). A oggi, invece, questi prodotti vengono realizzati anche sotto forma di saponette. Allo stato solido, appunto. In questo modo tu avrai tutto a portata di mano, come se avessi tante saponette, ognuna per una parte del corpo. Qualche produttore dota queste saponette di pratica cordicella per appenderle anziché costringerti a usare un contenitore apposito; qualcun’altro le rivende in involucri di cartone facilissimo da riciclare con la carta – riducendo quindi a zero la plastica; qualcun’altro ancora li vende sfusi, senza buste: tu vai con la tua bustina, paghi e in bagno lo appoggi dove ti pare. Un tempo ero scettica nei confronti di questi prodotti solidi, poi invece ho scoperto uno shampoo solido che mi fa dei capelli bellissimi. Magari ne parlerò più in là.
  2. Bere l’acqua dalle sorgenti. Anni fa, in città c’era una fabbrica che aveva portato in superficie delle tubature da cui sgorgava tutto il giorno dell’acqua di fonte e chiunque poteva accostare la macchina, tirare fuori il six-pack di bottiglie di vetro e riempirle per portarle a casa. Risparmiando quindi non solo il denaro della cassa di acqua acquistata, ma soprattutto la necessità di portare fuori quintali di bottiglie di plastica per il giorno della plastica. A casa mia beviamo tanto, soprattutto io. Ho la pelle secca, soffro di acne e via discorrendo, quindi mi sono sforzata di imparare a bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno, se non due. Purtroppo quella fabbrica ha chiuso e hanno ben pensato di chiudere pure la fontanella da cui sgorgava acqua di sorgente. Oggi siamo di nuovo costretti a comprare l’acqua in bottiglie. Anche se le mappe dell’acqua in Italia dicono che l’acqua del sottosuolo è pulita, le nostre tubature non sono il massimo: il sapore dell’acqua di rubinetto spesso non è piacevole e scendere coi piedi nelle frasche per riempire le bottiglie direttamente nel torrente risulta poco pratico, oltre al rischio di ritrovarti carcasse di animali sul fango a inquinare quello che poi dovrai bere. Insomma, se i comuni si dedicassero ogni tanto alle cose importanti, sarebbe facile non essere più costretti a comprare acqua di bottiglia.
  3. Non acquistare vestiti nuovi. E’ un duro lavoro, ma il nostro portafogli è pronto a farlo. Sono ormai anni che, un po’ per poraccitudine, un po’ perché ho gli armadi pieni (e mai niente da mettere, ma perché?), non esco più a fare shopping. Da quando ho approcciato il mondo della fast fashion, nel senso che ho capito che fa male alla natura e anche ad alcune comunità sfruttate, ho imparato che per ridurre l’impatto ambientale di quei vestiti così economici e alla portata di tutti, dovrei indossarli almeno 30 volte. Spesso ho preso roba che non ho mai messo e ho regalato con il cartellino perché non mi andava più. Cose da pazzi. Quindi ora compro ancora fast fashion, sempre per poraccitudine, ma solo quando ritengo di non avere per davvero più niente da mettere, perché magari butto quello che si è rovinato e ho bisogno di cose nuove. Però mi impegno a indossarlo tante volte. Ultimamente ho ritrovato il piacere di ricevere i panni dismessi – di chi ha buon gusto e mi regala cose carine e non rovinate. Ogni tanto indosso qualcosa di nuovo e quando mi chiedono se è nuovo, rispondo che “me l’ha passato *inserire nome del benefattore*!”. E’ bello perché riduco gli sprechi nel mondo, do una seconda vita a quei vestiti che sarebbero stati altrimenti buttati, non spendo una lira e se qualcosa non mi piace, provo meno dispiacere a darla via, non essendo mai stati miei per davvero.
  4. Rivendere i vestiti vecchi. Poi dicono che la pubblicità non interferisce con la vita delle persone. Sono anni che metto roba su Depop, Shpock e così via, poi arriva Vinted a fare il lavaggio del cervello al mondo e ora tutti allegramente su Vinted. Non che la cosa mi dispiaccia, eh: ho venduto già qualcosina e ho trovato quest’app fatta veramente bene, ma non voglio parlare di una app nello specifico, bensì della possibilità di togliersi di mezzo facilmente qualcosa che non ci piace più, o che magari abbiamo comprato della taglia sbagliata, o ci hanno regalato che non ci è mai piaciuto, con la possibilità anche di rimettere qualcosa nel portafogli. Poi, possiamo decidere di investire quel denaro per riempire gli spazi vuoti negli armadi, oppure metterlo da parte – che è quello che provo a fare io perché il mio intento è proprio quello di liberarmi di ciò che non uso più. L’unica scocciatura è che mentre la gente non compra, quella roba rimane negli armadi a perdere tempo. Il trucco è fare belle foto e a volte anche svendere a prezzi bassissimi.
  5. Regalare. Riprendendo il punto precedente, cedere quello che non ci interessa più, dando così una seconda vita agli oggetti, è un modo per preservare l’ambiente e ridurre il proprio impatto sull’ecosistema. Quelle stesse cose buttate riempiranno le discariche e staranno lì a perdere tempo in attesa di essere smaltite – a volte anche con fatica; al contrario, venendo regalate, magari soddisferanno qualcuno che sarebbe andato comunque a comprarle, aumentando la domanda di produzione. Non sempre è possibile rivendere, pertanto, l’alternativa per liberarsi velocemente delle cose è cederle. Online, tramite le app di cui sopra, ho venduto qualche vestito nell’ultimo anno: visto che sono piena di accessori, campioncini, bustine di confetti vecchie, spezzoni di cartoncini di lavoretti che erano troppo grandi per essere buttati… ogni volta che spedisco un pacco, inserisco un pensierino, composto appunto da una bustina di tulle, un messaggio di ringraziamento scritto a mano su un cartoncino, con qualche campioncino, caramella, coccinella portafortuna e così via. In questo modo non le vendo, ma comunque me ne libero e casa mia diventa più leggera. Si parla sempre di “togliere di mezzo”, e non di far entrare roba nuova (naturale, bio) in casa, ve ne siete accorti? La spiegazione è semplice: la cosa più ecologica del mondo non è riempirsi di prodotti bio, bensì di possedere poche cose. E si tratta pure di una soluzione economica. Non riesco a trovare il lato negativo di tutto ciò.
  6. Non collezionare cosmetici aperti, scarpe, giubbotti, abiti da cocktail (quanti ve ne servono?), buste di yuta per fare la spesa, contenitori per il pranzo. Alcune di queste menzionate, sembravano soluzioni ecologiche: “compro la shopper in yuta così quando vado a fare spesa non chiedo quelle di plastica”, e poi mi ritrovo con mille shopper in yuta, super simpatiche con la stampa coi fenicotteri!, che non userò mai perché me ne basta una, al massimo due quando vado a fare spesa. “Oh, questo nuovo shampoo ha un profumo formidabile: ora lo compro e vado a casa a lavarmi i capelli per provarlo”, e magari ho fatto lo shampoo ieri quindi potrei tirare avanti ancora tre giorni prima di rilavarli, e magari a casa ho già una mensola piena di flaconi già aperti che hanno fatto la polvere. Che ne dici di aspettare di aver terminato gli shampoo, o di aver distrutto le shopper in yuta prima di comprarne altri? Ovviamente stessa cosa vale per le scarpe, i giubbotti, gli abiti da cocktail (?). Tutto ciò si traduce sempre in risparmio di soldi, tempo, spazio non solo fisico ma anche mentale. E di minore impatto ambientale.
  7. Avere una wishlist sempre pronta e proporla quando si avvicinano le feste. Sembrerà banale, ma quante volte una lista dei desideri ci avrebbe salvati da regali indesiderati? Durante l’anno succede sempre che qualcuno si senta costretto a farti un regalo, allora rischi di trovarti impreparato alla domanda “cosa posso regalarti?”. Ti svelo un segreto: la risposta “niente, non ti devi disturbare!” non vale, e mette pure in difficoltà l’altro. Allora tu crea una lista, durante l’anno, di cose che ti piacerebbe comprare ma non hai la possibilità, denaro a disposizione, o magari sono sfizi che reputi superflui, tipo un volo dell’angelo panoramico, oppure un massaggio dall’estetista. E quando arriva il momento, sii preparato e rispondi con quello che davvero ti piacerebbe ricevere. Oltre a dare la possibilità ai tuoi amici di farti un regalo mirato (e alla possibilità per te di risparmiare soldi e tempo su Trovaprezzi, Groupon eccetera eccetera), eviterai di ricevere regali indesiderati che poi sarai costretto a tenere senza mai utilizzarli. Con tutte le difficoltà del caso.
  8. Acquistare di persona. Che c’entra? ti starai domandando. Quando ci serve qualcosa, spesso ci facciamo prendere dalla tentazione di comprare online in sconto, e allora pur di abbattere le spese di spedizione, riempiamo il carrello di venticinque pacchi di henné, diciassette tipi di shampoo, tre paia di ballerine della stessa linea ma colori diversi. Poi ci arrivano e non sappiamo dove metterli, quando usarli, magari scopriamo che dopo un po’ non ci soddisfano più e quindi via sulla mensola a fare polvere. SE INVECE tu vai al negozio a comprarti quello che ti serve (vabbe’, pure online) nel momento in cui ti serve, tipo quando ti accorgi che le tue sneakers storiche stanno iniziando a perdere colpi, o lo shampoo quando quello che hai a casa è quasi finito… non solo riduci il disturbo di conservare roba in casa e il tempo perso a studiare le descrizioni online, riduci pure le uscite ingiustificate dal portafogli, sei sicuro che quello che compri in quel momento sia di tuo gradimento mentre lo usi, e infine riduci le emissioni dei mezzi di trasporto utilizzati per portare quel pacco da un quintale verso la tua abitazione.
  9. Smettere di comprare quello di cui non siamo sicuri. Se un vestito ti dà dubbi, invece di ripeterti “nel dubbio compra”, nel dubbio non comprare. Sempre per il principio secondo cui più spazio libero in casa=più spazio libero nella testa. Partendo dal presupposto che ogni cosa che non ci piace più, o rimane nell’armadio/sulla mensola, o deve essere ceduta (quindi potremmo definirla immondizia, anche se poi la regaliamo), siamo sicuri che un pantalone di pochi euro che forse un giorno chissà magari deciderai di portare dalla sarta per ridurre l’eccesso dell’elastico in vita, spendendo più del prezzo d’acquisto, sia un investimento? E quelle scarpe che un pochino ti grattano all’altezza della caviglia mentre cammini, che poi ti costringono a sostituirle mentre sei a cena fuori con le ballerine portate per sicurezza in borsetta… sono proprio necessarie? Noi dobbiamo puntare a ridurre gli sprechi, non ce lo dimentichiamo.
  10. Ridurre gli involucri dei prodotti confezionati. Se volessimo smettere di parlare di vestiti e cosmetici, potremmo traslare gli stessi discorsi sul cibo. Fare colazione e merenda con plumcake confezionati, o con dolci al cucchiaio presi al discount, ci costringe a gettare via un sacco di immondizia – oltre a non essere molto sano per il nostro organismo. Se ci riflettiamo, sono davvero pochi i materiali che risultano essere idonei al riciclo. Che so, una vaschetta di gelato si può usare per congelare l’henné, o i peperoni avanzati; una scodella in polistirolo che conteneva la vellutata di zucca si può riciclare per un po’ come ciotola di emergenza per il cagnolino. Ma la bustina di plastica della merendina, i vasetti di yogurt, il cellofan che contiene i porcini non servono a niente e non puoi ingegnarli in qualcosa nemmeno se ti parte l’attacco d’arte alla Giovanni Muciaccia. Una soluzione quindi potrebbe essere cercare l’alternativa che comporta meno sprechi quando andiamo a fare la spesa: scegliere di reperire frutta e verdura dal fruttivendolo che la pesa sul momento e portare le bustine riutilizzabili direttamente da casa, prediligere i prodotti con imballi meno elaborati quindi meno difficili da differenziare, rinunciare a merendine industriali e bibite gasate e iniziare a prepararsi il dolce a mano e il tè in bustine.

Fine dell’elenco.

 

Probabilmente, portare a termine la lettura di questa lista di suggerimenti si è rivelata un’esperienza un po’ ripetitiva, me ne rendo conto. Però ogni piccola sfumatura potrebbe suscitare una riflessione, uno spunto per partire, una scintilla per innescare un meccanismo nuovo, più produttivo, economico, ecologico, a ridotto impatto ambientale.

Ripeto, non è sempre possibile mettere in atto soluzioni a zero sprechi. Provare ad avere un minimo impatto ambientale comporta fare dei compromessi buona parte delle volte.

 

Voi adottate già degli atteggiamenti ecologici? Mi piacerebbe conoscerli. Sia per redarre una seconda puntata di suggerimenti low waste, sia per avere dei nuovi punti di vista da considerare e mettere in pratica.

Vi ringrazio per la lettura.

Spero di rivedervi presto!

Potrebbe piacerti...